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«Non si parla più di pace. Dopo l’ondata di protesta e dissenso che ha seguito l’invasione russa in Ucraina, oggi tutto sembra tacere. La politica ha preso il sopravvento. Eppure c’è chi, ancora una volta, insieme ad organizzazioni religiose e laiche, non molla la presa. «Oggi più che mai c’è bisogno di pace – spiega Angelo Moretti, patron ed ideatore del movimento pacifista Mean.

Il progetto appare sfumato, eppure la guerra in Ucraina è più atroce adesso rispetto a quando tutto cominciò. Le crudeltà rischiano di aumentare, perché se si lascia andare avanti il conflitto e non si fa nulla per togliere veleno, il male crescerà».

L’odio tra i due popoli, infatti, sta diventando qualcosa di viscerale. «Sta succedendo quello che noi non volevamo» ammette Moretti, che ha appena concluso via Teams una sessione di lavoro per difendere il patrimonio culturale delle terre più colpite dalla guerra. Al centro dell’incontro online c’era la difesa dei beni museali. Italiani, ucraini ed europei davanti alla telecamera via web per mettere a punto un piano di azione comune. Uno dei tanti gruppi nati in risposta a quel progetto specifico di costruzione della pace e di azione non violenta che ha seguito la manifestazione a Kiev dello scorso 11 luglio, data simbolo per l’Europa.

«Dal 24 febbraio 2022, la vita dei musei, come dell’intero Paese, è cambiata radicalmente. Le truppe russe stanno cercando di distruggere non solo l’esercito ucraino, ma anche la nazione ucraina e la sua cultura, materiale e spirituale. Ecco perché i musei, così come i monumenti storici e religiosi, diventano i loro obiettivi consapevoli. Per questo dobbiamo difenderli» spiega l’esponente del movimento pacifista italiano.

Moretti punta poi a ritornare in Ucraina con una presenza di massa. «Dobbiamo andare in milioni, italiani ed europei » ribadisce, non senza ricorrere a una sana utopia. Intanto, concretamente, a settembre comincerà anche la formazione online con tutti gli attivisti di pace per dare avvio a quel sogno che è il corpo civile di pace.

Nello stesso mese ci saranno nuovi incontri per organizzare i prossimi presìdi in Ucraina, presumibilmente a Leopoli con i sindaci dei piccoli Comuni accoglienti (Piccoli Comuni del Welcome).

È stata infatti un’estate all’insegna dell’accoglienza e della solidarietà per tante famiglie dei piccoli borghi italiani, che hanno aperto le porte di casa a chi fuggiva dalle bombe dell’Est Europa. Dopo i primi gruppi arrivati a luglio, venerdì prossimo arriveranno in Italia altre 14 famiglie ucraine (in tutto una cinquantina di persone) per partecipare al ‘Summer Camp’ del progetto di pace del Mean.

«Abbiamo proposto una vacanza all’insegna della pace e dello scambio culturale – spiega -. È stato un modo per costruire quel dialogo importante con la società civile, espressione di quella ‘non violenza attiva’ che è alla base del movimento di pace». Il resto lo fa lo scenario geopolitico, che resta ad alto rischio d’instabilità.

«Se il tema di fondo è che purtroppo di pace non parla nessuno e che la pacificazione la sta facendo Erdogan, non possiamo non essere preoccupati». La Turchia, ricorda Moretti, è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per le privazioni perpetuate nei confronti degli oppositori del governo.

«Il mondo sta di fatto dando ad Ankara la leadership sulla pace e questo è un fatto grave» sottolinea il responsabile del movimento pacifista.

«Questa idea di poter fare alleanze con altri poteri autocrati per aiutare l’Ucraina è molto preoccupante. Purtroppo dopo la caduta di Draghi non abbiamo più visto quel tavolo di lavoro che sembrava cominciato con Macron e con Putin». E anche l’opinione pubblica sembra ormai poco interessata. I cittadini italiani in questo momento paiono essere molto più preoccupati del caro-bolletta e delle sanzioni russe. Intanto gli ucraini continuano ad essere sotto assedio.

Ma la pace oggi non può essere solo chiedere a russi ed ucraini di fare pace, ne è convinto l’attivista che rilancia una nuova presenza per i prossimo autunno con tutta la rete del suo attivismo pacifista. «Dobbiamo essere presenti in Ucraina, non vediamo altre strategie. Sentiamo forte l’assenza dell’Europa. Il popolo ucraino è lasciato solo con le armi».