Condividi

Ieri sembrava di vivere un sogno, ma un sogno molto concreto.
Nel teatro San Marco, che non vedevamo così vivo dalla pandemia e forse anche da prima, sono venute 200 persone a parlare di politica, a discutere con rabbia, con ironia, con passione, con visione sulla storia, del presente e del futuro di Benevento. 𝐒𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚𝐯𝐚 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐚 “𝐚𝐠𝐨𝐫𝐚̀ 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚̀”.

Quando ho visto salire sul palco la voce storica ed amica della nostra radio locale, Francesco Vitulano, per presentare con coraggio il lavoro di videodenuncia realizzato insieme alla compagna Marcella Del Prete, ho capito che stavamo aprendo i confini per un nuovo linguaggio politico: passavano sullo schermo le immagini dei disastri più violenti dell’amministrazione Mastella e dell’abbandono dei fiumi che va ancora più indietro nel tempo.
Nel contrasto stridente tra la voce gentile e le immagini crude, si ricongiungevano la voglia di serenità dei beneventani e l’inquietudine per tutto ciò che ci circonda, per l’ambiente ferito, i teatri chiusi, le scuole abbandonate, le giostrine vandalizzate.

Ma il momento in cui ho visto plasticamente ricomporsi davanti a me una novella Atene è stato nel momento in cui gli abitanti delle città sospese hanno calcato il palcoscenico brandendo un microfono ed hanno urlato tutta l’assurdità della condizione umana ed ambientale in cui vivono. Enrico, Michelangelo, Titti, Gianluca e Pietro hanno gridato la situazione di “limbo” in cui sono stati condannati a vivere gli abitanti delle contrade, di via Saragat, di Pacevecchia, di Santa Colomba, di chi ha acquistato la casa in edilizia agevolata ma non l’ha mai vista poi realizzarsi.
Pino Iorio e Nazzareno Iarrusso ci hanno portato, tra presente e futuro, a riprendere in mano la nostra storia urbanistica, il nostro investimento sugli alberi da piantare e sulla città da completare. Poi è arrivato il turno di un excursus magistrale di Gabriele Corona, l’anima del civismo beneventano, dell’antimafia e della lotta al malaffare.
Gabriele ci ha portato, attraverso una carrellata ricca di dati e di visioni, ad una sua lettura raffinata delle tante sospensioni in cui ci troviamo, un eterno conflitto tra le programmazioni su carta e le realizzazioni dei nostri cantieri, una tensione difficile tra partiti e partito del mattone, tra governo della cosa pubblica e fallimenti privati, tra défaillances giuridiche ed inciampi amministrativi.

Quindi, il momento più inedito delle ultime sei campagne elettorali: un invito ad ascoltare le visioni sospese degli ex sindaci della nostra città. Erano stati invitati quattro ex sindaci: Antonio Pietrantonio, Pasquale Viespoli, Sandro D’Alessandro, Fausto Pepe ed un testimone di eccezione, Roberto Costanzo. Abbiamo pensato a questo momento come ad una ricucitura necessaria tra il “prima” ed il “dopo”.
Le forze civiche e partitiche riunite in ArCo hanno manifestato la loro volontà di mettersi in ascolto del passato senza giudicarlo, per candidarsi non “contro” la nostra recente storia di città, ma per completarla, innovandola nel nostro futuro, con la visione politica di stampo ecologista ed umanista che ArCo ha in animo di dare al governo di Benevento. L’ascolto è stato diretto con acume e simpatia dal giornalista Enzo Colarusso.
Da ieri ArCo ha chiarito al mondo intero che non siamo affatto i giovani antisistema, ma gli amanti appassionati di questa città che fanno della continuità amministrativa della vita del Comune un dovere morale contro un immobilismo permanente. Una volta al governo della città non daremo mai le colpe dei nostri fallimenti a chi ci ha preceduto, perché se arriveremo noi alla guida della nostra amata Benevento tutta quell’eredità sarà il nostro presente e ce ne faremo carico noi, per togliere dalla sospensione la città. I partiti potranno fare il loro pit-stop in questi prossimi cinque anni e mettere a posto le loro tante conflittualità interne, la loro evanescenza progettuale, le loro ataviche lotte per il non-ricambio generazionale delle leadership.

Quello che viviamo è un tempo nuovo ed è il tempo dei beneventani in politica, di chi, a partire dalla vita nella strada, nelle scuole, nei teati, nelle contrade e nel fango della città, ha intenzione di risollevarla e proiettarla nel terzo millennio, nell’economia verde, nella coesione sociale. 𝐓𝐨𝐫𝐧𝐞𝐫𝐚̀ 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢𝐭𝐢, 𝐦𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨, 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐀𝐫𝐂𝐨, 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐫𝐭𝐞𝐟𝐢𝐜𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀.