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Alla mia città.

Il 2021 non è il 1976 e neanche i favolosi anni ‘80. Il 2021 è ora, ed apre a scenari futuri, insperati fino a pochi anni fa. Benevento è sul guado della sua trasformazione epocale: la stagione dei grandi distretti industriali sta lasciando il posto a nuove forme di economia e di politiche territoriali, più leggere e facilmente replicabili.

Mentre le industrie del boom economico si stanno delocalizzando altrove, dove il costo della manodopera è più bassa e meno garantita nei diritti, abbandonando e desertificando le città costruite attorno alle fabbriche, Benevento, che non è stata mai raggiunta da quello sviluppo per via del suo isolamento nei trasporti e nelle infrastrutture viarie, oggi può essere la città che in maniera più intelligente di altre capovolge a suo favore questi ritardi strutturali e partire prima di tutte le altre medie città verso il Green New Deal europeo, la svolta ecologista della nuova economia sostenuta dall’Unione Europea.

Oggi possiamo passare dall’essere uno dei tanti luoghi lasciati indietro (places left behind) al diventare territorio di innovazione sociale dell’economia circolare e del welfare di prossimità.
La trasformazione è già iniziata ed è attorno a noi, ma sta a noi renderla oggi una compiuta visione politica.
Mentre la nostra classe dirigente rincorreva catene di fast food e di piattaforme di marchi internazionali, mentre il centro storico veniva svuotato dal commercio di prossimità e si consegnava alla perdita progressiva di una sua identità, e le contrade restavano prive di acqua e senza servizi di welfare, le imprese private più attente hanno capito che noi avevamo una grande energia, il vento, ed hanno investito nelle energie da fonti rinnovabili diventando proprio in questa terra leader mondiali dell’eolico. Chiusi nel nostro isolamento infrastrutturale abbiamo potuto raggiungere le più alte vette della conoscenza digitale e delle imprese connesse ai servizi informatici, grazie ad un sapere universitario che si è irradiato nel Sannio, facendo nascere alcune tra le aziende più importanti di Italia nel campo dell’ingegneria del software.
Contemporaneamente le nostre campagne hanno trasformato il tabacco in vino ed in olio, diventando in poco tempo tra le prime aree rurali di Italia per l’estensione dei suoi vigneti in proporzione al territorio complessivo.

Mentre i politici del secolo scorso hanno cercato di rincorrere nel primo ventennio del 2000 la sfida già persa della prima globalizzazione, la nostra città scendeva sempre più in fondo alle classifiche per qualità della vita, per cura dell’ambiente, per qualità dei servizi, per l’occupazione giovanile.
I nostri tre ecosistemi, fluviale, rurale, urbano, venivano trattati come zavorre, come “costi” e non come i nostri più importanti asset patrimoniali per il posizionamento della città di Benevento nel mondo. Senza depuratori, senza un vero piano della coesione sociale, senza una corretta distribuzione idrica e senza una visione complessiva della connessione tra città e campagna, Benevento è andata smarrendo il suo capitale identitario, la sua cultura millenaria, riducendosi al ruolo di anonima provincia del Sud Italia, fino a ridursi la città che HA un sindaco che è l’immagine speculare del sud beffardo e scaltro per il perseguimento dei “fatti suoi”: quel Sud che non deve mai impegnarsi a rinnovarsi e credere nella sua vocazione, perché destinato solo ad imparare a fare le telefonate giuste per risolvere i suoi problemi con i potenti di turno.

Di fronte a questa sfida epocale di un Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa per l’Italia (che gli studiosi di economia hanno definito essere un piano equivalente a “quattro piani Marshall”), Benevento deve scegliere chi vuole essere in futuro, in che direzione andare: se proseguire nel destino della carenza e della sindrome “della coperta corta”, che lascia i beneventani senza depuratori, senza vere politiche sociali e del lavoro e verso una progressiva migrazione giovanile, oppure approcciare la cultura delle economie circolari e delle energie rinnovabili e diventare una terra di destinazione, un modello europeo di entroterra rurale intelligente, della produzione alimentare di qualità e del turismo enogastronomico.

Benevento può così rinnovare il patto sociale tra le generazioni favorendo nuove forme di generazione del lavoro, collegate alla Green economy. Se la scelta è la seconda, dobbiamo puntare a rinnovare un quarto ecosistema, che oggi sembra essersi del tutto smarrito: quello politico.
Benevento può vincere la sfida del futuro solo scegliendo uomini e donne adeguate a questo tempo, che si siano formate in questi anni di grandi trasformazioni ecologiche e sociali e che abbiano un’idea di Europa del 2030.
Uomini e donne che non rincorrano gli strascichi mai sopiti della politica della prima Repubblica, ma che aprano alle nuove generazioni di Beneventani, in una città che può tornare a dire qualcosa al mondo, come fa, da due millenni, con il suo Arco di Traiano.

Per questo, alla mia città chiedo un gesto di coraggio; le chiedo di unirsi a questa rivoluzione verde a cui il ceto politico non farà facilmente spazio, le chiedo di abbracciare il potere della democrazia partecipata abbandonando le vecchie strade della clientela e del potere politico.
Chiedo un consenso popolare per le tre liste di #ArCo artefici di comunità.