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La vita a Leopoli mi ha ricordato molto la vita sotto il vulcano Stromboli. Una città meravigliosa, un melting pot di religioni e di storie, con quattro quartieri storici, uno accanto all’altro, quello ebreo, quello ortodosso, quello cattolico, quello armeno. Basiliche piene di oro bardate nei vetri e bar del centro affollati di avventori , gruppi musicali che praticano la loro personale resistenza sulla strada accanto alle foto dei caduti della settimana nell’Ucraina dell’est, persone inginocchiate ed immerse nelle preghiere e foyer dei teatri che sono diventati centri di smistamento di beni alimentari.
L’immagine complessiva di Leopoli sembra quella abituale di un sabato sera europeo , eppure tutto è pronto a parare il colpo del prossimo missile che potrebbe picchiare su questa metropoli di 900 mila persone, in un posto ed in un momento che nessuno potrebbe indovinare. Quando suona la sirena ci si nasconde nei rifugi, ma un missile dal Mar Nero può metterci sessanta secondi per colpire se non viene fatto esplodere prima e nessuno sa dove cadrà. I monumenti più importanti e quelli religiosi sono circondati da protezioni di ferro e sacchi per attutire la caduta.
Come per Stromboli, Iddu, come i cittadini della piccola isola delle Eolie chiamano il loro vulcano , può decidere quando, quanto e come sbuffare, mentre la vita alle sue pendici scorre tranquilla ed in festa, così è per l’aggressore dell’Ucraina. Non sappiamo perché il 3 maggio ha colpito Leopoli all’improvviso e perché il 9 maggio tanto temuto è scorso via senza aver mantenuto le sue minacce. Si vive come se Iddu, Putin, potesse scomparire da un giorno all’altro o portare morte in un momento e luogo preciso senza una vera ragione per o cittadini colpiti. E nella resistenza degli Ucraini dobbiamo segnare anche questo: c’è chi prende una chitarra e canta a squarcia gola in una strada, dietro la storica casa del Boia della città, ad irridere la morte ed il mortifero ed annunciare, noi ci siamo, noi siamo qui comunque, resistiamo, esistiamo nonostante Iddu ci vorrebbe impauriti e nascosti nelle case.
Ho trovato questa resistenza bella e poco raccontata, tutte le persone ucraine che ho incontrato sono grate alle loro forze armate, ma erano anche consapevoli di essere loro stesse una forza.