Condividi

Il dolore e lo sconcerto del popolo ucraino riguarda tutti noi in quanto europei. 
Anche se oggi non siamo coinvolti direttamente, come cantava De André, non potremmo comunque sentirci assolti domani. Sappiamo cosa sta accadendo alle città assediate, sappiamo che ci sono milioni di persone a cui non arriva cibo né acqua e che non riescono a fuggire da lì, così come sappiamo delle torture che accadono nei lager libici e della tragedia dello Yemen.
Così come non possiamo non sapere che la Siria è da più di undici anni ridotta a teatro di una guerra di posizionamento geopolitico che oggi si completa a Kiev, e che quel dramma è iniziato contemporaneamente all’aggressione euro-americana alla Libia.
Le pipeline che distribuiscono gas e petrolio, i combustibili fossili, al mondo sono una sorta di trama bellica sotto la superficie terrestre, su quei tracciati corrono i nuovi assetti del potere e non deve essere un caso se esse si sovrappongono alle stesse rotte a est dei migranti: dalla Siraq, la regione che comprende ciò che resta della Siria e dell’Iraq, arrivano fino ai confini con la Bielorussia, intrappolati e oggetto di ricatto bellico, proprio come oggi il gas russo.
Se oggi c’è una nuova guerra nel cuore di Europa e milioni di famiglie tornano a vivere nel terrore, ad appena due giorni di pullman da Roma, non possiamo dirci solamente “preoccupati” per l’escalation del conflitto, parafrasando Albert Camus, «questa pace ci riguarda» e non possiamo stare a guardare.
Come società civile abbiamo deciso cosa fare. Vogliamo partire, vogliamo essere convocati dal ministro della Cooperazione Internazionale perché venga allestita la più grande spedizione di Corpi Civili di Pace dalla nascita della Ue, in risposta alla più grande operazione aggressiva militare dal 1945 ad oggi.
Stanno arrivando tantissime adesioni all’appello lanciato su “Avvenire” dall’Alleanza «Per un Nuovo Welfare», oggi siamo 25 organizzazioni nazionali che unite chiediamo che si apra una terza via per la costruzione della pace, attraverso l’organizzazione massiccia di marciatori nonviolenti che saranno impegnati unicamente nelle attività di evacuazione delle città, con convogli di migliaia di pullman.
Siamo dei pazzi sognatori? Pensiamo di no. 
A firmare questo appello ci sono tutti, ci sono i cooperatori esperti della Focsiv, i volontari del movimento dei Focolari e dei Gruppi di Volontariato Vincenziano, i laici dell’Azione Cattolica, gli operatori del Coordinamento delle Comunità di Accoglienza, gli animatori della Papa Giovanni XXIII, i sindaci dei Piccoli Comuni del Welcome, gli psichiatri Basagliani, i pacifisti, gli attivisti di Base Italia, gli economisti di Next e tanti tanti altri ancora.
Il mensile “Vita” ha messo in luce che per l’operazione ci sarebbero già pronti dei fondi “dormienti” da cinque anni, risalgono a una posta in bilancio che prevedeva, per l’introduzione dei Corpi Civili di Pace, una spesa di 9 milioni di euro, di cui però sono stati impegnati solo 4.
Contemporaneamente, dal 2014 al 2021, l’Italia, «che ripudia la guerra», ha investito 190 miliardi di euro in spesa militare! 
La pazzia è tutta qui: preparare massicciamente la guerra, per poi sperare che la guerra non arrivi; desiderare ardentemente la pace e non essere mai pronti ed esperti nella pacificazione quando una guerra scoppia

Invertiamo questa tendenza! Non possiamo attendere, l’Italia, patria di attivisti nonviolenti come don Primo Mazzolari e Aldo Capitini, don Tonino Bello e Alex Langer, Chiara Lubich e Danilo Dolci, può essere la protagonista inedita in questa sciagura e dare inizio a una storia nuova, a una difesa nonviolenta europea.
Il ministro Di Maio ha ricevuto la nostra lettera e ancora non ci ha risposto, ma non molleremo di un centimetro. Saremo le «vedove importune» di questa storia: devono ascoltarci. La nostra richiesta è chiara e non è affatto folle, è folle piuttosto, come ha fatto notare papa Francesco, chi pensa che il solo invio di armi alla resistenza ucraina sia una soluzione al conflitto assieme all’aumento ulteriore della spesa militare. Siamo sicuri che ci sono migliaia di europei che si affiancherebbero ai corpi civili di pace italiani se questi fossero bene organizzati di concerto con il nostro governo. Cominiciamo.