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su Avvenire, la riflessione che ho scritto a quattro mani con Visvaldas Kubolkas, Nunzio apostolico a Kiev.

L’11 luglio è un giorno doppiamente simbolico per l’Unione Europea. Per la comunità cristiana è la memoria del Santo che gli europei hanno eletto a loro patrono, San Benedetto, noto al mondo intero per l’equilibrio profondo di una regola semplice: ora et labora, prega e lavora, l’equivalente di “prega e ama”. Per la comunità politica sono i giorni della memoria collettiva di una strage avvenuta nel cuore del vecchio continente sotto gli occhi impotenti di mamme, mogli, figlie e militari ONU: la strage di Srebrenica.

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Trent’anni dopo l’Europa è di nuovo sconvolta da eccidi e mattanze in corso: intere città ucraine sono prese di assalto da una potenza militare straniera, gli uomini stanno morendo a migliaia nella resistenza, le donne stanno lottando come possono per mandare avanti la vita quotidiana sotto le sirene costanti degli allarmi aereo, i bambini e i ragazzi convivono con la guerra.

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Cosa può fare la società civile europea di fronte al perdurare di questa ingiustizia violenta che colpisce i suoi fratelli e sorelle alla frontiera e che nessuno riesce a fermare?

Il Mean chiede con insistenza, e con la sua frequente presenza in Ucraina, che l’arsenale di pace UE venga dotato al più presto di un vero Corpo Civile di Pace, composto da personale esperto e personale volontario, capace di intervenire prima, durante e dopo un conflitto armato. Chiede che il Consiglio di Europa adotti al più presto una misura forte e chiara per l’istituzione ed il finanziamento dei CCPE.

Ma non basta. Per una comunità civile il cui pensiero secolare è fortemente intriso dell’intima comunione con Gesù Cristo, non basta fare una richiesta, anche insistente, e poi fermarsi ad attendere che la diplomazia degli Stati faccia il suo corso. Ora et labora, prega e lavora: l’invito che la Nunziatura Apostolica a Kiev, insieme al Mean, volge a tutti i movimenti cattolici europei è di venire in massa a pregare in piazza Santa Sophia, a Kiev, l’11 luglio, per chiedere insieme al nostro Dio che l’aggressione si fermi, che la pace torni presto sulla terra martoriata dell’Ucraina, che i droni si trasformino in vomeri per i nostri campi e gli uomini si riconoscano fratelli.

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Come popolo di Dio vogliamo incontrarci fisicamente e non solo idealmente qui a Kiev per dire al Signore con il salmista “porgi il Tuo orecchio, Signore”, ascoltaci. E con l’ umile Maria vogliamo gridare il nostro Magnificat al cielo.

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